Il governo tedesco ha approvato venerdì, a larga maggioranza e con il voto di parte dei cattolici, l’ammorbidimento delle restrizioni che limitano la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Con chiamata nominale e senza vincolo di partito - perché scelte così importanti hanno bisogno del coraggio delle idee - 346 deputati hanno approvato lo slittamento del termine per l’importazione di cellule staminali embrionali dal 2002 al primo maggio del 2007. Contro la decisione hanno votato in 228.
In Germania è attualmente vietata la creazione di embrioni umani per la produzione di staminali. Ma è lecita l’importazione di linee cellulari da essi estratti a fini di ricerca. Fino a venerdì potevano essere importate solamente linee cellulari prelevate da embrioni creati prima del gennaio del 2002. Che oggi hanno però un potenziale residuo per la ricerca scientifica limitato, considerate le possibili contaminazioni di virus e cellule animali. Il Bundestag ha inoltre approvato una mozione che depenalizza la partecipazione di scienziati tedeschi a esperimenti, all’estero, vietati in Germania.
Tra i sostenitori del prolungamento la ministra per la ricerca scientifica crisitanodemocratica Annette Schavan. La Schavan aveva assicurato durante il dibattito in aula di voler tenere aperto un corridoio, seppur «stretto», per una ricerca coscienziosa. Soprattutto, ha specificato la ministra, le linee cellulari importate già esistono e non sono embrioni. Non tutti i cristianodemocratici la pensano come la ministra Schavan. La collega Maria Böhmer - autrice della legge del 2002 modificata venerdì, attualmente incaricata per l’integrazione - crede che la decisione presa rappresenti una rottura nella difesa dell’embrione, solo perché la scienza lo vuole: «Se una richiesta del mondo scientifico diviene il motivo per accordare uno slittamento del termine, nulla impedisce che la cosa si possa ripetere in futuro. Ci mettiamo su un crinale pericoloso». Eppure «gli scienziati hanno convinzioni etiche, come noi», ha specificato la Schavan venerdì per sgombrare il campo dall’idea che la ricerca sulle staminali sia solo una competizione “amorale” tra istituti di ricerca.
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L’articolo completo di Matteo Alviti è consultabile sul sito di Liberazione
Fonte: uaar.it
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